La consulenza tecnica

Il consulente tecnico d’ufficio, in acronimo c.t.u., svolge il ruolo di ausiliario del giudice in un rapporto fiduciario, qualora si renda necessaria una particolare conoscenza tecnica, per il compimento di singoli atti o per tutto il processo. L’attività del consulente tecnico è disciplinata dagli artt. 61 a 68 del codice di procedura civile (allo stesso modo dall’art. 220 fino a 233 nel codice di procedura penale), dove sono contenute le competenze che l’ausiliario designato dal giudice deve espletare dal conferimento dell’incarico fino all’elaborato peritale. “La scelta dei consulenti tecnici deve essere normalmente fatta tra le persone iscritte in albi speciali formati a norma delle disposizioni di attuazione al presente codice” (art. 61 c.p.c.), ma il giudice qualora lo ritenga opportuno ha la facoltà di nominare un esperto non incluso nell’Albo del Tribunale, motivandone il ricorso.

Il compito ultimo del consulente è rispondere in maniera chiara e pertinente ai quesiti enunciati dal giudice, dando risposta ad ulteriori possibili chiarimenti richiesti dal giudice stesso (art. 62 c.p.c.); il quesito enunciato dal giudice al momento del mandato e del giuramento consiste in una o più domande espresse solitamente in modo analitico o generico.

Dovere dell’esperto è attenersi scrupolosamente ai quesiti, senza esprimere pareri non richiesti o non necessari; per favorire la comunicazione fra le parti la scelta linguistica della relazione peritale deve privilegiare un linguaggio non eccessivamente specialistico che consenta ai soggetti coinvolti (giudice, magistrato e avvocati) un accesso facilitato alla lettura.

L’uso di indispensabili termini tecnici deve essere spiegato, senza tralasciare i modelli teorici di riferimento utilizzati; La comprensibilità del linguaggio è fondamentale soprattutto nel procedimento civile, dove a differenza del penale, la relazione scritta è l’unico mezzo di comunicazione.

“Il consulente scelto tra gli iscritti in un albo ha l’obbligo di prestare il suo ufficio,tranne che il giudice riconosca che ricorre un giusto motivo di astensione” (art. 63 c.p.c.), come nel caso intercorrano rapporti di parentela con il periziando. Al momento della presa in carico il consulente d’ufficio deve dichiarare se intende avvalersi della competenza di altre figure professionali, ad esempio uno psicologo per la somministrazione di test psicodiagnostici, uno medico specialista ai fini di ottenere ulteriori informazioni per la valutazione del caso in esame. Inoltre il c.t.u. deve richiedere l’autorizzazione per l’audio e videoregistrazione degli incontri peritali nel rispetto delle norme a tutela della privacy, mettendo il materiale a disposizione del Tribunale.

Il termine “perizia” viene adoperato comunemente anche in ambito civile come sinonimo di “consulenza”, ma occorre precisare come la perizia redatta in sede penale possa assumere un valore profondamente diverso, non come “parere”, ma come “prova”, mentre in ambito civile, l’accertamento peritale acquisisce una funzione strumentale ed opzionale, in quanto il giudice può decretare se usufruire o meno del parere dell’esperto per la formulazione del giudizio.

In sintesi possiamo considerare le attività che competono al consulente tecnico un confronto interdisciplinare fra diritto e scienze sociali, un’integrazione al compito del giudice, che agisce come peritus peritorum, ovvero, decisore ultimo.

Qualora il giudice nomini un c.t.u., le parti in causa hanno “un termine entro il quale possono nominare, con dichiarazione ricevuta dal cancelliere, un loro consulente tecnico di parte.

Il consulente della parte (c.t.p.), “oltre ad assistere a norma dell’articolo 194 alle operazioni del consulente del giudice, partecipa all’udienza e alla camera di consiglio ogni volta che vi interviene il consulente del giudice, per chiarire e svolgere con l’autorizzazione del presidente, le sue osservazioni sui risultati delle indagini tecniche”(art. 201 c.p.c.).

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